Nell'ambito del FESTIVAL DELLA STORIA
DIS-UGUAGLIANZE
Arezzo, 27-28-29 settembre 2007
29 SETTEMBRE 2007
ore 10,00
Storia e fotografia: Rappresentazioni della guerra e della violenza nel XX secolo
a cura della Società italiana per lo studio della fotografia
Luigi Tomassini (Università di Bologna): Intoduzione
Giovanni Fiorentino (Università della Tuscia): L’occhio che uccide. Comunicazione visiva e rappresentazioni della violenza nel XX secolo
Adolfo Mignemi (Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia): La rappresentazione fotografica della violenza bellica fra Seconda Guerra Mondiale e Resistenza
La fotografia sta entrando sempre più fra gli strumenti indispensabili nella “cassetta degli attrezzi” dello storico. Accanto al suo significato come fonte per la storia, occorre considerare anche il fatto che la fotografia, con i suoi derivati, è un potente mezzo di comunicazione visiva che come tale agisce nella storia, e può influire sul corso stesso degli eventi.La fotografia non è quindi solo una fedele e oggettiva riproduzione degli eventi, ma è in larga misura culturalmente e storicamente determinata. Per capire questo aspetto si è scelto di trattare un tema, quello della violenza in guerra, che si presta a una analisi approfondita non solo del tema delle diseguaglianze, ma anche dei condizionamenti culturali che caratterizzano la produzione e la diffusione dell’immagine fotografica. La violenza bellica infatti è l’espressione forse più forte della dis-uguaglianza, la conseguenza estrema della tensione che si crea fra fra entità che si definiscono come diverse e nemiche e tendono all’annullamento dell’avversario. D’altra parte la fotografia di guerra - e in particolare della violenza estrema in guerra - è uno dei casi in cui la “visibilità” delle immagini trova un limite evidente di ordine culturale. Secondo le epoche e i contesti, varia molto la rappresentazione accettata della violenza, e certe fotografie estremamente crude e violente sono sottoposte a censura o autocensura; nello stesso tempo in cui si assiste ad una “estetizzazione” delle rappresentazioni della guerra. Il fatto che nel mondo attuale le immagini della violenza siano sempre più crude e pervasive, pone quindi allo storico una duplice domanda, relativa sia al fenomeno in sé, ovvero alla crescita della violenza diffusa e praticata, sia alle sue rappresentazioni, ovvero alla evoluzione delle concezioni relative alla “moralità” comune e diffusa della visione della violenza.
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