a cura di Angelo Maggi (con i contributi di Paolo Aldi e di Laura Dal Prà e la collaborazione di Marino Degasperi), Trento, Provincia Autonoma di Trento - Soprintendenza per i beni storico-artistici, 2006, 288 pp. Euro 25ISBN 88-7702-149-7
Curata da Angelo Maggi, questa monografia mette in luce – con intelligenza e precisione cronologica – il lavoro creativo di Federico Vender (1901 – 1999), diretto ad esiti visivi molto diversi e alternativi, rispetto alle immagini che ne hanno segnato la carriera e la fortuna. Di Vender gli studiosi - e gli appassionati cultori della stagione fotoamatoriale prima e dopo il secondo conflitto – hanno prediletto le inquadrature ‘mediterranee’ dal classico tono alto.
Una visione per così dire ferma e ‘astorica’ del nostro paesaggio e dei nostri emblemi sociali : le bagnanti, i ragazzi, i famosi volti femminili in primo piano, d’impronta nordica, il rigore dei nudi, i muri ed i prati dalla lineare lucentezza. Vender era il più ‘cavalliano’ tra gli aderenti al Gruppo La Bussola. Del maestro Giuseppe Cavalli portava all’estremo, nelle proprie immagini, il generoso tentativo teorico: estrarre dal quotidiano i toni eterni dell’arte, superando idealisticamente il peso di ogni descrizione ottica controversa... ed omettendo ogni riflesso della drammaticità di uno tra i periodi culturali più oscuri dell’Italia. Ma Federico Vender – che si dedicò alla professione di fotografo solo nel 1950, un ventennio dopo il suo esordio come autore, subito noto nei saloni europei – possedeva per così dire una seconda linea di interesse visivo, forse derivata dall’influsso del lavoro del fratello Claudio (1904 – 1986), architetto e notissimo esponente del razionalismo italiano: cioè le architetture. O meglio la folla di strutture e volumi artificiali, di manufatti urbani spesso anonimi, che segnavano in tutta Europa lo sviluppo della società industriale.Cantieri, passerelle e sottopassi, pareti in luce radente, assolati piani d’asfalto o cemento... rappresentano un’altrettanto severa risposta compositiva proprio all’accademia ‘salonista’ che era maggioritaria, sulle pagine delle foto-riviste e sui cataloghi delle mostre, appunto tra gli anni Trenta e i Cinquanta. Così Vender, con più di un occhio all’innovativo rigore di matrice Bauhaus, diventa anche l’autore più attento alle scuole visive mittel-europee: la Germania nei suoi fervori pre-nazismo ,da Moholy-Nagy a Renger-Patzsch, l’Ungheria di Kertesz o di Munkacsi, i segni diagonali del ‘sovietico’ (ma non troppo ) Rodcenko. Vender viaggia e fotografa in Europa, ma applica spesso i suoi ritmi severi anche alla nostra patetica provincia. Sagrati, piccole impalcature di tubi, angoli di finestre, aree verniciate di fresco alla Fiera Campionaria di Milano. Giustamente definite ‘architetture senza architetti’, queste riprese riescono però a possedere una indimenticabile struttura bidimensionale e svelano un implicito progettista, che è lo stesso Vender. Proprio perchè è svincolato, nelle sue scelte visive, da ogni obbligo di committenza, Vender si permette anche di contraddire le classiche pretese di tutti gli architetti. Mentre essi vorrebbero i volumi deserti, immobili nel sole, senza traccia di abitanti, Vender gioca il suo rapporto ‘prospettico’ tra spazi e persone. Ombre, piccoli passanti, figure un po’ metafisiche, come altrettanti ‘noi stessi’ che entrano nelle inquadrature e fanno vivere gli ambienti. Ecco, forse in questo recupero della misura umana nello spazio dell’architettura, rivive l’integrale qualità creativa del nostro autore. La memorabile Italia minore che trascorre fugacemente nelle inquadrature di Vender si rivela alla fine come lo specchio di una vitalità ancora inespressa. La ritroviamo anche in molte riprese non pubblicate nel volume, o nei provini che appaiono nel testo introduttivo, testimonianza di un grande fervore produttivo ( Il patrimonio totale, dopo una radicale auto-censura, lasciato dall’autore nel 1993 alla Provincia di Trento assomma a 676 stampe originali, 2325 negativi bianconero e 300 diapositive a colori).Interessante è anche l’idea di Maggi nel confrontare gli integrali fotogrammi di Vender con i tagli – molto misurati – presenti negli ingrandimenti definitivi. Vender si prepara a raccontare, in sostanza, tra luce ed ombra, un paese che si sta trasformando nel profondo. Le migrazioni interne, i primi segni del boom economico, le ferite dei cantieri sulla natura, l’inurbamento e lo spopolamento delle campagne...( altre immagini, altri fotografi autori saranno pronti a continuare ed approfondire la sua indagine ).
2 commenti:
Perche non:)
molto intiresno, grazie
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