A cura di Giovanni De Luna, Gabriele D'Autilia e Luca Crescenti, Torino, Einaudi, 2005, pp. 358.ISBN 88-06172-60-3.Euro 78,00
Quando il Novecento italiano parla, e si racconta, attraverso le immagini – nello specifico le fotografie – allora le stesse immagini diventano fonte che ispira direttamente il discorso storico, piuttosto che mere illustrazioni dei testi. E, appunto, l’opera Einaudi in tre volumi curata da Giovanni De Luna, Gabriele D'Autilia e Luca Criscenti si presenta come una storia fotografica dell'Italia, insolita, innovativa, ambiziosa nell’adottare come struttura portante la costruzione visiva.
Il progetto è scandito da tre capitoli: il primo, l’Italia costruita attraverso l’immagine del potere, il secondo, l’Italia raccontata dai fotografi professionisti e dalle agenzie fotografiche, il terzo, un’Italia degli archivi familiari che oscilla tra memoria pubblica e privata. Il nodo sostanziale – come precisa De Luna nel testo introduttivo – vede il rapporto testo immagine capovolto, con il testo ad assumere per una volta un ruolo ancillare – di servizio – rispetto alle immagini. La fotografia, a prescindere dai documenti scritti, viene prelevata dalla contiguità immersiva della vita quotidiana del Novecento italiano e, da agente di storia che emoziona, orienta, condiziona, si trasforma in fonte per la conoscenza storica nel restituirci frammenti documentali del tempo italiano – con tutta la sua specificità che assomma il lavoro della macchina e dell’uomo. Così l’orientamento dell’opera emerge tutto a partire dal primo volume preso qui in considerazione. L’oggetto è, come illustra il titolo, Il potere da Giolitti a Mussolini (1900-1945), per 350 immagini in bianco e nero che offrono lo sguardo dall'alto, quello istituzionale del potere politico che si autorappresenta, montate in un nuovo contesto in grado di articolare un discorso che apre tutte le possibilità dello sguardo ad andare oltre la superficie. L’occhio si posa in principio sulla fotografia dell’Italia liberale e della Grande Guerra, coadiuvato dal testo di Antonio Gibelli. Quella che si scopre non è l’immagine della battaglia, ma quella della mamma italiana e del marinaio bambino, dei “zecchini” che affiancano i cannoni, di una grande macchina industriale che organizza il consenso. Traspare così il ruolo dello stato che controlla rigorosamente l’immagine attraverso una ricerca che vale una ricchezza iconografica recuperata da fondi fotografici inediti e poco noti come, tra l’altro, quello dell’archivio centrale di Stato di Roma. Poi, lo spazio visivo viene preso dal fascismo, dalle immagini prodotte per lo più dall’Istituto Luce: ci sono gli eventi, la monumentalizzazione dei luoghi, la simbologia, la fisicità della politica, il rapporto tra l’organizzazione dello spazio pubblico e il potere, tutta la dimensione che i corpi hanno assunto nella politica massificata del Novecento. I gerarchi, piazza Venezia, i tricolori al vento, la tradizione littoria, il Milite ignoto con Vittorio Emanuele III piccolo e compito nel saluto militare e Mussolini perentorio nella plasticità del saluto romano. C’è una fotografia di Primo Carnera a chiudere il percorso – seguito da Sergio Luzzatto – L’autoritratto del fascismo. Il campione è ripreso dal basso sulle rocce, fisico imponente, un saluto fascista ostentato e il Vesuvio alle spalle in eruzione. Siamo nel 1939 e basterebbe questa fotografia a rendere l’immagine ufficiale, enfatica, magniloquente, a tratti spettacolare, del regime. La fotografia del pugile al tappeto sconfitto dopo un anno dalla conquista del mondiale, verrà censurata, praticamente non esiste.Sono tutti gli autori dei saggi, insieme a Luzzatto e Gibelli, lo stesso D’Autilia con Ellena, Mignemi, Perrone, a capovolgere prontamente la direzione di marcia, scomponendo la monumentalità delle immagini e moltiplicando la direzione degli sguardi. Magari recuperando fotografie censurate e mai rese pubbliche da Ministero della propaganda. Oppure ritornando all’invenzione fascista di una società ideale che propaganda e costruisce il suo uomo nuovo: ancora fotografie del corteo degli sposi a Roma, del matrimonio per radio del soldato italiano in Grecia, le organizzazioni fasciste, il dopolavoro, le piazze, gli stadi, i monumenti, le sfilate dei Balilla, le premiazioni alle donne con più figli. Il tono monocromo del racconto verrà rotto con la seconda parte del testo dedicato all’argomento, la Repubblica porterà la dialettica, la prospettiva – e le immagini – dei partiti.
3 commenti:
leggere l'intero blog, pretty good
Si, probabilmente lo e
good start
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